mercoledì 19 ottobre 2022

COME RICHIEDERE AUSILI PER DISABILI E ANZIANI CON DISABILITA'

 LA PRESCRIZIONE DI AUSILI PER DISABILI

NOMENCLATORE

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Il procedimento per l'erogazione di protesi, ausili e ortesi a carico del Servizio Sanitario Nazionale deve seguire obbligatoriamente quattro fasi: la prescrizione, l'autorizzazione, la fornitura e il collaudo previste dal decreto del Ministro della Sanità (DPCM 12 gennaio 2017) che accompagna il Nomenclatore tariffario. In ogni passaggio sono coinvolti in modo diverso l'utente, il prescrittore e il fornitore.

La fase della prescrizione dell'ausilio, della protesi o dell'ortesi è un momento estremamente delicato, che troppo spesso viene considerato un mero atto burocratico.

La prescrizione viene redatta da un medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale, dipendente o convenzionato. Il medico deve essere competente per la tipologia di menomazione o disabilità per cui si prescrive il prodotto.

La prescrizione costituisce parte integrante di un programma di prevenzione, cura e riabilitazione delle lesioni, o delle patologie che determinano la menomazione e la disabilità .

La prima prescrizione deve essere frutto di valutazione clinica attenta. E' necessario specificare l'indicazione dell'ausilio prescritto, completa del codice ISO identificativo e devono inoltre essere precisati gli eventuali adattamenti necessari per la personalizzazione del dispositivo. La prescrizione è accompagnata da un programma riabilitativo di utilizzo del dispositivo prescritto.

Il paziente, o chi lo assiste, deve essere informato circa le caratteristiche funzionali e terapeutiche e sulle modalità di utilizzo del dispositivo stesso.

Il programma riabilitativo (o terapeutico) non è solo un requisito per la concessione di un ausilio a carico del Servizio Sanitario Nazionale, ma è essenziale per rendere efficace tale fornitura e, più in generale, l'intervento riabilitativo. In questo programma deve essere descritto il significato terapeutico e riabilitativo e cioè con quali premesse e con quali finalità si intende utilizzare un determinato dispositivo indicandone le modalità e i limiti di utilizzo e la prevedibile durata di impiego come pure le possibili controindicazioni. Il programma deve essere necessariamente verificato nel tempo.

Se l'ausilio prescritto dal medico non è presente negli elenchi del Nomenclatore viene detto RICONDUCIBILECosa significa?

bottone con scritto newASSISTENZA SANITARIA E AUSILI EROGATI DAL SSN: SCARICA LA GUIDA I NOSTRI DIRITTI


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venerdì 27 gennaio 2017

Un problema alla retina indice di una predisposizione al Parkinson?





Un problema alla retina indice 
di una predisposizione al Parkinson?

L’alterazione genetica maculare potrebbe essere il campanello d’allarme di una carenza nella produzione di dopamina, alla base del Parkinson

di Cesare Peccarisi

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 studio dei NIH, i National Institutes of Health statunitensi, appena pubblicato sul Journal of Biological Chemistry dai ricercatori della Duke e della Cleveland Universities diretti da Paulo Ferriera, ha individuato una predisposizione genetica che favorisce lo sviluppo dell’alterazione del pigmento retinico dell’occhio che porta a degenerazione maculare senile, malattia dell’occhio che colpisce oltre un milione di italiani (12% ha fra i 60 e i 70 anni, il 20-30% intorno ai 75, dopo i 90 si arriva al 60%) alterando la cosiddetta macula, l’area centrale della retina più sensibile agli stimoli luminosi.
Il fattore genetico
Finora erano stati individuati vari fattori di rischio come l’età over 55, essere di sesso femminile o di razza bianca, abuso di alcool e fumo, eccessiva esposizione a luce solare, ipertensione, obesità e dieta ricca di grassi e colesterolo. Da tempo si sospettava il coinvolgimento di un fattore genetico, ma ora che è stato individuato, i ricercatori americani hanno avuto anche l’inattesa sorpresa di scoprire che tale alterazione, un’ablazione della proteina chiamata Ranbp2, è legata anche alla malattia di Parkinson perché l’epitelio retinico sano produce levodopa, un precursore del neurotrasmettitore dopamina, la cui carenza è notoriamente alla base del disturbo del movimento che tutti ricordano come malattia del tremore. L’alterazione retinica potrebbe essere il campanello d’allarme di una ridotta produzione dopaminergica anche nei nuclei della base, le sedi cerebrali che determinano malattia di Parkinson, tant’è vero che un terzo circa dei casi con alterazione retinica ha sviluppato anche tremore parkinsoniano nel giro di 4 settimane.
malattia di Parkinson e la degenerazione maculare, ma non solo.

sabato 14 gennaio 2017

In Italia migliora l’assistenza agli anziani con diabete

In Italia migliora l’assistenza agli anziani con diabete

Una persona con diabete di tipo 2 su tre è over 65, una su quattro over 75. Presentata oggi, al 50° Congresso della European association for the study of diabetes a Vienna, l’analisi dei risultati degli Annali Amd dell’Associazione Medici Diabetologi che ha fotografato 8 anni di assistenza e cura agli over 75

17 SET - In Italia su 3 milioni di persone colpite da diabete di tipo 2, due terzi hanno un’età superiore ai 65 anni, e il 25% è over 75. Un popolo di anziani che, alla luce del progressivo invecchiamento della popolazione è destinato a crescere. Per questo bisogna alzare il livello di attenzione non solo sulla cura e l’assistenza dell’anziano con diabete, ma soprattutto sulla prevenzione delle complicanze strettamente correlate alla malattia.
E in Italia qualcosa si sta muovendo. L’assistenza agli over 65 con diabete è migliorata come dimostra l’analisi degli Annali Amd presentata al 50° Congresso della European Association for the Study of Diabetes a Vienna.

Lo studio raccoglie oltre 500mila cartelle cliniche di persone con diabete, assistite in quasi la metà dei circa 650 centri diabetologici nazionali, e ha fotografato la qualità dell’assistenza dal 2004 al 2011.

Grazie allo score Q - indice ideato da Amd in collaborazione con la Fondazione Mario Negri Sud che valuta l’efficienza delle cure e dell’assistenza prestate, e conseguentemente l’efficacia nel prevenire le complicanze tipiche del diabete, dall’infarto, all’ictus, ai disturbi della vascolarizzazione, alla mortalità - si è visto che, in otto anni è quasi raddoppiata, dal 19,2% al 35,7%, la percentuale di over 75 con score Q superiore a 25, valore soglia che identifica la qualità delle cure attese.

“Come diabetologi  siamo ben consci della necessità di alzare il livelo di attenzione verso gli anziani con diabete – ha detto Antonio Ceriello, Presidente dell’Associazione medici diabetologi, l’organizzazione cui fanno riferimento i medici diabetologi operanti nei centri del Ssn – nel 2012, infatti, partendo dal database Annali Amd, abbiamo pubblicato il primo Rapporto ‘Anziani con diabete’, che forniva un’importante, e forse unica, fotografia sull’assistenza riservata a questa particolare categoria. Oggi, siamo in grado di presentare l’analisi dell’evoluzione della qualità dell’assistenza prestata dal 2004 al 2011”

L’indagine si è concentrata sulla particolare categoria degli over 75, oltre 145mila persone i cui dati sono registrati nel database Annali Amd. Persone con un maggior tasso di mortalità, maggiori disabilità e malattie associate e che quindi richiedono particolari competenze ed un approccio personalizzato alla cura.

“È migliorato lo score Q – ha spiegato Riccardo Candido, diabetologo presso il distretto 3 di Trieste e componente dei gruppi Amd dedicati alla terapia personalizzata e all’anziano – tra il 2004 e il 2011 è quasi raddoppiata, dal 19,2% al 35,7%, la percentuale di over 75 con score Q superiore a 25. Si consideri che questa è la soglia che identifica la qualità delle cure attese; un valore superiore a 25 indica una situazione migliore dello standard; tra 25 e 15 aumenta del 20% il rischio di complicanze, mentre sotto 15, il rischio cresce all’80%”.

Il risultato è frutto di numerose variabili: “È cresciuta l’attenzione alla valutazione non solo del grado di controllo della glicemia – ha aggiunto Candido – ma anche della pressione arteriosa, dei livelli di colesterolo e trigliceridi, della microalbuminuria, indice di danno ai reni. Di pari passo sono migliorati i risultati clinici: si è assistito a una maggior personalizzazione dell’obiettivo glicemico e a una marcata riduzione (-21,5%) del numero di anziani con controllo della glicemia scadente; è cresciuta del 29,8% la quota di anziani con valori di pressione arteriosa inferiori a 150/90 mmHg e ben dell’80,3% quella delle persone con colesterolo LDL inferiore a 100 mg/dl”.

Non solo, è migliorata anche l’appropriatezza terapeutica. La quota di  anziani con diabete in cura con sulfaniluree, farmaci ad elevato rischio di ipoglicemia è, infatti,  in costante riduzione, “Va notato, tuttavia – ha concluso  Candido – come l’utilizzo di questa classe di farmaci sia ancora elevato e non del tutto appropriato e al contrario sia bassa la percentuale di pazienti curati con le incretine, in particolare gli inibitori del DPP4 meglio indicati per la gestione dell’anziano con diabete”.

assistere un malato di parkinson Consigli per chi assiste il malato

assistere un malato di parkinson

Consigli per chi assiste il malato



http://www.parkinson.it/consigli-per-chi-assiste-il-malato.htmlChi siete

malatoVoi siete quelli che, grazie ai vostri sforzi e alla vostra tenacia, riescono a fornire le cure necessarie ad un familiare o ad un amico malato, disabile o debole attraverso attività quotidiane di cura della casa, igiene personale e assistenza medica. Al di là del tipo di assistenza fornita, tutti voi vi trovate a donare agli altri incoraggiamento, comprensione, un senso di appartenenza, speranze e un significato alla propria esistenza. Qualche dato statistico:
- Nel 33% dei casi vi è una sola persona che assiste un familiare malato
- Il 72% sono donne
- Tra gli uomini più frequentemente troviamo mariti e figli. I coniugi sono per lo più coloro che si occupano dei loro partner. Se non sono in grado di farlo, vengono sostituiti da figli o nuore. - Secondo le statistiche, le persone che in casa si occupano di familiari malati forniscono l’80% dell’assistenza medica globale e il 90% circa di tutti i servizi domestici.
- Tra i coniugi più anziani che svolgono quest’attività, almeno la metà ha, a sua volta, problemi di salute.
- Almeno un terzo sono lavoratori e sommano un’attività all’altra.
- L'80% fornisce una assistenza media di 4 ore al giorno per 7 giorni la settimana. Di fronte a casi particolarmente gravi (malattia di Alzheimer, per esempio) si arriva a più di 40 ore settimanali.
- Molti pensano che infermieri o case di riposo forniscano il principale aiuto ai malati, ai deboli e ai disabili. Invece la maggior parte di loro viene assistita a casa, dalla famiglia. Anche chi è ricoverato in istituti, continua a ricevere supporto e aiuto dalle proprie famiglie.
- Voi siete “testa, cuore e mani” per la famiglia e la società. Il vostro ruolo è estremamente importante per il benessere dei membri della vostra famiglia e per la società, perché attraverso di voi, chi ha gravi problemi di salute riceve dignitosamente il conforto e l’assistenza di cui necessita.

Sfide e stress

 Certamente una delle maggiori sfide da affrontare è quella di gestire i vostri compiti assistenziali senza trascurare le altre attività che richiedono tempo, attenzione ed energia. La situazione diventa più difficile quando gli impegni sono tanti o emotivamente coinvolgenti. Assistere un malato può essere molto soddisfacente, in quanto espressione di amore per qualcuno importante per noi, ma può anche diventare psicologicamente e fisicamente esasperante. Se l’impegno richiesto diventa eccessivo, l’energia, il buon umore e la capacità di far fronte ai problemi, si ridurranno e potrete sentirvi stressati. Questa sensazione varierà di giorno in giorno a seconda dello stato di salute dell’infermo, del suo e del vostro umore, nonché delle energie su cui potete contare. Certamente peggiora di fronte a situazioni sgradevoli, incontrollabili o incerte, in presenza di sostanziali cambiamenti inaspettati e di inevitabili frustrazioni. Certamente sperimenterete stress. Per riuscire a gestire la situazione dovete imparare a bilanciare le richieste che vi pervengono con le vostre risorse. Imparate a riconoscere, anticipare e fronteggiare gli impegni e lo stress rinforzando l’autostima, le capacità di risolvere problemi e ricorrendo ad un supporto esterno adeguato. In questo capitolo troverete una serie di consigli che vi possono aiutare. Metteteli in pratica.

Vivere e non solo sopravvivere

Cosa ci vuole per vivere e non solo sopravvivere, specialmente in circostanze difficili? Essere sotto stress colpisce e riduce la vostra vitalità e il senso di soddisfazione. Fare auto-assistenza significa incrementare la propria resistenza, imparando a ridurre i pensieri negativi, coltivando l’autostima e cercando di inserire nella propria vita qualche attività piacevole.

Evitare l'eccessiva autocritica

Vi colpevolizzate ogni volta che le cose vanno male e pensate sia merito altrui quando vanno bene? Vi bisbigliate parole di incoraggiamento o aspre critiche? Le risposte a queste domande indicheranno se siete eccessivamente autocritico. Anche se non lo siete tendenzialmente, situazioni stressanti come quelle che state vivendo possono aumentare il rischio di scivolare verso pensieri negativi. Essi generano ansietà o depressione e riducono le capacità funzionali e le risorse necessarie a risolvere problemi. Se vi sentite così e siete incapaci di reagire, provate a seguire questi consigli:
1. Fate attenzione se a voi stessi rivolgete più incoraggiamenti o più autocritiche.
2. Tenete d’occhio le frasi autocritiche del tipo: “avrei dovuto”..., “sono troppo”..., “dovrei essere”..., “non sono mai”...
3. Smettete di pensare a voi stessi in modo negativo.
4. Sostituite i pensieri negativi con altri più razionali che tengano conto della realtà della situazione, riconoscano la vostra forza e i vostri limiti, e identifichino possibili attività alternative o nuove prospettive.
5. Se vi accorgete di dubitare fortemente di voi stessi o di autocriticarvi, chiedete un’opinione obiettiva ad un amico, un assistente o un terapeuta.

Incrementare la propria autostima

Possedere autostima significa sapere nel profondo del cuore che siete un essere umano, competente e in grado di essere amato. Ciò vi aiuta a credere in voi stessi. La mancanza di autostima vi porta a sentirvi indifesi, incerti, isolati ed ansiosi. Un’indagine ha mostrato che l’autostima è indispensabile al proprio benessere e alla capacità di affrontare lo stress. Per aiutarvi a costruire e mantenere l’autostima, abbiamo individuato tre strategie:
1. Passate del tempo con la vostra compagnia preferita. È importante passare del tempo con persone che vi apprezzano, vi aiutano a credere in voi stessi, riconoscono le vostre capacità e si fidano delle vostre opinioni. Quante volte vi incontrate e parlate o mantenete rapporti attivi con loro? Cosa vi impedisce di vederli? Cosa potete fare per facilitare questi contatti?
2. Datevi una pacca sulla spalla. Autorizzatevi a vedere in voi i lati positivi che gli altri vi riconoscono, imparate ad apprezzare le vostre capacità e la vostra forza interiore.
3. Evitate i “veleni” che potrebbero ridurre l’auto-stima. Si può vivere in modo soddisfacente nonostante i conflitti, la mancanza di rispetto, le vessazioni degli altri. Questi messaggi distruttivi tendono a “bloccare” anziché “rinforzare”. Evitate di frequentare coloro che, con le loro valutazioni, ridurrebbero la vostra autostima, cercate di seguire questi consigli:
- Come già detto, passate del tempo regolarmente con chi crede in voi e vi trova simpatico.
- Evitate di minimizzare gli altrui apprezzamenti nei vostri confronti.
- Prendete coscienza della vostra forza interiore e di quanto vi sia servita in passato.
- Ogni giorno richiamate alla memoria qualcosa di cui essere fieri.
- Ignorate le critiche inutili invece di prenderle a cuore.
- Imparate a rispettarvi, così come rispettate gli altri.
- Evitate la compagnia di chi insidia la vostra autostima.
- Non minimizzate le vostre capacità e ciò che avete da offrire agli altri.

Divertitevi

Nella vostra attività di assistenza avete certamente sperimentato un aumento di tensione. I compiti più semplici, fare compere, cucinare, fare un bagno, non possono più essere considerati di routine. È impossibile dedicarvi in parte ad attività che nutrano e rivitalizzino il vostro spirito. Tali piaceri diventeranno lussi rari, piuttosto che attività regolari, perché le richieste e i problemi cui sarete sottoposti vi faranno sembrare troppo costosa, in termini di tempo, energie e denaro qualsiasi attività piacevole. Se è stato difficile compilare la lista delle 10 attività, probabilmente non vuol dire che non vi piace fare tante cose, ma piuttosto che non avete prestato attenzione a ciò che vi rivitalizza. Cercate di programmare regolarmente almeno alcune di queste attività. Evitate di spendere tutte le vostre energie solo per l’adempimento dell’assistenza, a spese delle attività piacevoli che vi vorreste concedere. Ciò migliorerà la vostra capacità di affrontare i problemi del malato. Se non lo fate rischiate depressione e scoraggiamento.

La cura di sè

Esercizi, corretta alimentazione e relax, sono le basi per il benessere e una buona salute. È necessario bilanciare questi fattori per ricaricare il corpo e la mente e tenervi in forma anche per svolgere bene il vostro lavoro.

Esercizi

Le scuse per non farli sono molte: “sono troppo vecchio”, “faccio già abbastanza esercizio occupandomi del mio caro”, “non ho tempo o energia per questo”. I benefici derivanti dall’esercizio fisico sono moltissimi eppure inserirli nella vostra agenda non è mai facile. La ricerca ha dimostrato che non si è mai troppo vecchi, che offrire cure ad altri non è il genere di esercizio fisico che serve; inoltre può darsi che stiate sperimentando stress, stanchezza e depressione anche perché non fate attività fisica. Perciò continuate a leggere qui sotto.

Scegliete gli esercizi giusti

Non deve necessariamente trattarsi di qualcosa che fanno gli altri. Deve essere qualcosa che vi piace, dal quale trarre beneficio e dovrebbe essere fatto con costanza. Queste attività potrebbero essere: camminare, andare in bicicletta, nuotare. Se non lo facevate prima, chiedete prima consiglio al vostro medico.

Cercate di divertirvi

Scegliete un’attività che vi piaccia, aumenterà la probabilità che vi coinvolga.

Non aspettatevi troppo e troppo in fretta

 I risultati saranno migliori se vi porrete obiettivi intermedi e aumentate gradualmente il vostro impegno nell’attività prescelta almeno fino a 3 volte la settimana.

Datevi delle ricompense

Per ogni gradino superato. Sia che raggiungete o no gli obiettivi fissati, concedetevi un premio per ciò che siete riusciti a fare (un massaggio, un mazzo di fiori, un film).

Siate convinti dell’importanza della vostra cura personale

Trovare il tempo per aiutare il malato è facile, trovarlo per prendervi cura di voi stessi è difficile. Ma ricordate che ciò può ridurre e persino eliminare la sensazione continua di essere troppo stanchi e sovraccaricati.

Abitudini alimentari

Questo paragrafo non tratta propriamente degli aspetti nutrizionali, ma piuttosto di certe abitudini alimentari autodistruttive comuni a chi si prende cura dei malati. La nostra società è invasa da informazioni su colesterolo, sodio e vitamine. Per restare efficienti non dovete solo conoscere queste cose, ma anche sapere seguire abitudini alimentari sane. Ecco qui di seguito qualche alternativa che consigliamo di seguire...
- Organizzatevi in modo da pranzare qualche volta durante la settimana con qualcuno “speciale”, vostra nipote, un vicino o un caro amico. Accettate con gioia la loro offerta di portare il cibo o di invitarvi fuori. Mangiare in compagnia dà più gusto.
- Portatevi il pranzo in camera da letto se la persona che curate mangia a letto.
- Alzate il telefono quando vi sentite soli, invece di mangiare dolci. Cercate amicizie altrove, piuttosto che nel sacchetto delle caramelle.

fasi e sintomi dell' Alzheimer

fasi e sintomi dell' Alzheimer

http://www.alz.org/it/stadi-del-morbo-di-alzheimer.asp

Le sette fasi del morbo di Alzheimer

Il morbo di Alzheimer peggiora nel tempo. Gli esperti hanno sviluppato delle “tappe” per descrivere come le abilità di una persona cambino, rispetto alla loro normale funzionalità, a causa del morbo di Alzheimer in fase avanzata.


Le fasi descritte di seguito forniscono un’idea generale di come le abilità cambino durante il corso della malattia. I sintomi del morbo di Alzheimer possono variare notevolmente, e non tutti potranno riscontrare gli stessi sintomi o un decorso alla stessa velocità.
Questo quadro, caratterizzato da sette fasi, si fonda su un sistema sviluppato da Barry Reisberg, M.D., direttore clinico del Dementia Research Center (Centro di Ricerca sull’Invecchiamento e la Demenza) della New York University School of Medicine.

Fase 1: Nessuna disabilità (funzionalità normale)
La persona non soffre di problemi di memoria. La visita effettuata presso un medico non mostra alcuna prova di sintomi di demenza.

Fase 2: Declino cognitivo molto lieve (è possibile che si tratti di normali cambiamenti legati all'età o dei primi segnali del morbo di Alzheimer)
La persona potrebbe segnalare la sensazione di avere vuoti di memoria - dimenticando parole famigliari o la posizione di oggetti di uso quotidiano. Tuttavia, nessun sintomo di demenza può essere rilevato nel corso di una visita medica oppure da amici, familiari o colleghi di lavoro.

Fase 3: Declino cognitivo lieve Un lieve declino cognitivo (il morbo di Alzheimer in fase precoce può essere diagnosticato con questi sintomi in alcune, ma non in tutte le persone)
Amici, familiari o colleghi di lavoro iniziano a notare delle difficoltà. Nel corso di una visita medica accurata, i medici possono essere in grado di rilevare problemi di memoria o di concentrazione. Le difficoltà più comuni di cui alla fase 3 includono:
  • Evidenti difficoltà a trovare la parola o il nome giusto
  • Problemi a ricordare i nomi quando vengono presentate nuove persone
  • Difficoltà notevolmente maggiori nello svolgere dei compiti in contesti sociali o di lavoro
  • Dimenticare cose appena lette
  • Perdere o non trovare un oggetto di valore
  • Aumento dei problemi di programmazione o organizzazione
Per saperne di più: Conoscere i 10 segnali.

Fase 4: Declino cognitivo moderato (morbo di Alzheimer lieve o in fase precoce) 
A questo punto, una visita medica accurata dovrebbe poter rilevare chiari sintomi in diversi ambiti:
  • Dimenticanza di recenti eventi
  • Compromissione della capacità di eseguire calcoli aritmetici mentali impegnativi - ad esempio, il contare a ritroso da 100 a sette a sette
  • Maggiore difficoltà a svolgere compiti complessi, quali, ad esempio, la pianificazione della cena per gli ospiti, il pagamento delle bollette o la gestione delle finanze
  • Dimenticanza della propria storia personale
  • Carattere sempre più lunatico o riservato, soprattutto in occasione di situazioni socialmente o mentalmente impegnative

Fase 5 : Declino cognitivo moderatamente grave (morbo di Alzheimer moderato o in stadio intermedio) 
Le lacune nella memoria e nel pensare diventano evidenti, e le persone cominciano ad avere bisogno di aiuto per svolgere le attività quotidiane. In questa fase, chi è affetto dal morbo di Alzheimer potrebbe:
  • Non essere in grado di ricordare il proprio indirizzo o numero di telefono oppure la scuola superiore o l'università presso la quale si è laureato
  • Confondersi sul luogo in cui si trova o sul giorno attuale
  • Avere problemi con l’esecuzione di calcoli aritmetici mentali meno impegnativi - ad esempio, il contare a ritroso da 40 a quattro a quattro, oppure da 20 a due a due
  • Avere bisogno di aiuto per scegliere un abbigliamento adeguato per la stagione o per l'occasione
  • Ricordare ancora particolari significativi su se stessi e la loro famiglia
  • Non necessitare ancora di assistenza per mangiare o andare in bagno

Fase 6 : Declino cognitivo grave (morbo di Alzheimer moderatamente grave o in fase media)
La memoria continua a peggiorare, possono aver luogo cambiamenti di personalità; le persone hanno bisogno di notevole aiuto per svolgere le attività quotidiane. In questa fase, tali individui potrebbero:
  • Perdere la consapevolezza delle esperienze più recenti e di ciò che li circonda
  • Ricordare il proprio nome, ma avere difficoltà a ricordare la propria storia personale
  • Distinguere i volti noti e non noti, ma avere difficoltà a ricordare il nome di un coniuge o di una persona che l’assiste
  • Avere bisogno di aiuto per vestirsi correttamente e, in caso di mancato controllo, compiere errori quali indossare il pigiama sopra i vestiti da giorno o indossare scarpe sul piede sbagliato
  • Vivere l’esperienza di grandi cambiamenti nei modelli di sonno - dormire durante il giorno e diventare irrequieto di notte
  • Avere bisogno di aiuto nel gestire certi dettagli dell’igiene personale (ad esempio, tirare lo sciacquone, pulirsi con la carta igienica o smaltirla correttamente)
  • Avere problemi sempre più frequenti nel controllare la vescica o l’intestino
  • Vivere l’esperienza di notevoli cambiamenti di personalità e di comportamento, tra cui la sospettosità e le fissazioni (come credere che la persona che l’assiste sia un’imbrogliona) oppure comportamenti incontrollabili o ripetitivi, come torcersi le mani o fare a pezzetti i fazzoletti di carta
  • Tendere a vagare o perdersi